DAL 1600 AI GIORNI NOSTRI
Il XVI sec. portò un profondo mutamento nelle strutture del Paese con lo sviluppo del commercio privato in quasi tutta l'area asiatica, la nascita di città libere, l'arrivo degli Occidentali con l'introduzione delle armi da fuoco e del cristianesimo, la riunificazione del Paese sotto dittatura militare e il primo tentativo di una politica espansionistica panasiatica. L'iniziatore della riunificazione del Giappone fu Oda Nobunaga (1534-1582), un piccolo Daimyo delle province centrali cui presto si unirono Toyotomi Hideyoshi (1536-1598) e Tokugawa Ieyasu (1542-1616) a formare la triade a cui il Giappone deve l'unificazione. Tokugawa Ieyasu divenne, alla morte di Hideyoshi, uno dei feudatari più potenti del Paese e conseguì il predominio assoluto battendo gli altri Daimyo coalizzati a Sekigahara (1601). Nel 1603 legittimò questo potere assumendo per sé e per i suoi discendenti il titolo di Shogun. Iniziava così il periodo detto appunto Tokugawa (o Edo, dal nome della capitale, l'odierna Tokyo) che durò per oltre due secoli e mezzo (1600-1868).
Lo Stato fu riorganizzato secondo criteri ispirati al pensiero neo-confuciano di Chu Hsi e tutte le classi sociali furono sottoposte a uno stretto controllo. La rigidezza nel sistema interno fu accompagnata da una totale chiusura verso l'esterno, chiusura che bloccava i commerci e comportava la proibizione e la persecuzione del cristianesimo. Per circa 200 anni il Paese conobbe una relativa pace e prosperità.Durante questo periodo le guerre civili feudali, i sentimenti inquieti e le più intime emozioni che da secoli affliggevano il Giappone, cominciavano a scomparire. La mancanza di guerre comportò il fatto che non ci fu più l'esigenza di combattere per uccidere i nemici, così le numerose scuole di combattimento create dai Ronin (Samurai senza padrone) raffinarono le tecniche perfezionando leve e bloccaggi, che permettevano di controllare l'avversario con facilità, senza la necessità di ucciderlo o ferirlo gravemente. Lo scopo delle tecniche si spostò verso forme di combattimento a mani nude e ovunque tutte queste furono riconosciute nell'insieme come Ju Jitsu.
All'inizio del XIX sec., per ragioni interne dovute a pressioni internazionali, il sistema entrò in una crisi culminata nel 1853 con l'arrivo del commodoro Perry, latore delle richieste americane di apertura. In un clima di grande incertezza politica, venne firmato il Trattato di Kanagawa (1854) che aprì alle navi americane i porti di Shimoda e Hakodate. Seguirono analoghi trattati con Gran Bretagna, Russia, Francia e Olanda. Ciò porto a un periodo di forti tensioni interne e nel 1867 le forze nazionaliste ottenevano la resa dell'ultimo Shogun e la caduta definitiva del governo militare. Così, dopo secoli, il potere effettivo ritornò nelle mani dell'imperatore, nella persona di Mutsuhito.
Parecchi Samurai avevano sostenuto lo Shogun durante la guerra e perciò persero il ruolo e la stima quando il potere fu nelle mani dell'Imperatore. Fu introdotta una legge imperiale che mise fuori legge la pratica del Ju-Jitsu e proibì ai Samurai di portare armi in pubblico. Nel 1882 Jigoro Kano utilizzò la sua conoscenza ed esperienza di Ju-Jitsu per creare una disciplina sportiva chiamata Judo che si basa sulle proiezioni e la lotta a terra. Nel 1925 Ueshiba Morihei, un Maestro di Daito Ryu Aiki-Jujitsu, concentrandosi sulle leve creò quello che è noto come Aikido. Alcuni Maestri di Ju-Jitsu tuttavia continuarono ad esercitare di nascosto, o emigrarono in altri Paesi. Durante questo periodo il Ju-Jitsu fu quasi perduto. Fu durante questa oppressione che i primi esponenti di tale Arte giunsero in Gran Bretagna.La messa al bando del Ju-Jitsu fu revocata in Giappone solo verso la metà del 20°secolo, permettendone la libera pratica.
Il Ju-Jitsu è diventato la base per altre arti marziali piuttosto recenti e tradotto significa "arte della cedevolezza" (Ju = cedevolezza, è la forza flessibile che si piega per resistere; Jitsu = tecnica, arte), perché apparentemente cede alla forza dell'avversario, solo per controllarla e dirigerla contro di esso, un'arte dove tecniche di percussione su punti di pressione, calci, proiezioni, lotta a terra, bloccaggi e leve articolari sono combinate per neutralizzare con facilità un aggressore. È stato detto che attaccare un esperto nel Ju Jitsu equivale ad attaccare sé stessi.